La maestra Anna siede nella mensa vuota davanti a una pila di quaderni. Ha ancora negli occhi lo sguardo piangente di una bambina che, di fronte a una piccola difficoltà per un errore commesso, è sprofondata in uno stato di apparente disperazione. Episodi analoghi accadono di frequente in classe, trasmettendole l’idea di una diffusa e irrimediabile fragilità. Immagino di entrare nel grande stanzone e di sapere già a cosa sta pensando:
– Ciao Anna, il pianto di quell’alunna ti ha turbato parecchio, vedo.
– Al pianto so porre rimedio: l’ho consolata e lei ha ripreso a lavorare. Mi turba assistere ai crolli di questi bambini di cristallo che vanno in frantumi al minimo urto causato da un errore, una difficoltà o una piccola frustrazione. È questo che mi irrita tanto. Loro piangono, si rattristano, e io mi sento ribollire di rabbia. Poi mi calmo, ma mi rimane dentro questa sensazione brutta.
– Ma esattamente che sensazione è?
Inizialmente sento in quegli sguardi un’accusa contro di me, come se dicessero: sei cattiva, troppo esigente, inflessibile, hai fatto piangere un essere fragile e innocente. Poi però tutto si trasforma e la mia rabbia si rivolge verso tutti i genitori, perché è a causa loro, se questi bambini sono così fragili. Possibile che un piccolo errore o un momento di difficoltà debbano essere visti come la fine del mondo? Sono viziati e iperprotetti. E io spreco un sacco di energie a consolarli per delle inezie. Di certo io non sono stata cresciuta così.
– Non ne dubito. Fino a non molto tempo fa la maggior parte dei bambini evolveva verso l’età adulta come se fosse naturale: salivano in alto… come un sughero galleggia nell’acqua, così scriveva Riesman. Crescere e maturare era visto più come l’effetto del trascorrere del tempo, che dello sforzo e del desiderio individuale. Non era pensabile che qualcuno affogasse e tornasse sul fondo, perfino senza nuotare si galleggiava. Ora il mondo intorno alla famiglia trasmette tutt’altro messaggio: occorre essere motivati, desiderare di crescere, nuotare di continuo, sforzarsi, altrimenti si va a fondo! Occorre voler crescere, e bisogna meritarselo. Ti meraviglia, dunque, che ogni piccola falla, ogni inezia, come dici tu, venga vista come la possibile causa di un naufragio?
– Se la metti in questi termini… no, non mi meraviglia. In effetti… ogni volta che parlo con un bambino dell’argomento, scopro che nessuno ha più voglia di crescere, che tutti vorrebbero restare piccoli e rimpiangono la scuola dell’infanzia… che sconforto! Però insisto: se i genitori non li proteggessero così tanto, le cose andrebbero meglio. Ah, quelli sono davvero un danno!
– Allora me lo confermi: i bambini vedono la via verso il futuro come una fatica e se ne difendono. Riguardo alle famiglie credo che saresti meno severa se considerassi davvero il loro punto di vista. Pensa: sta finendo l’inverno, e ieri hai rimesso sul balcone le piante più delicate che avevi tenuto al riparo. Hai mai pensato che se le avessi lasciate al gelo sarebbero diventate più robuste?
– Che sciocchezza… no. Sarebbero morte. Ho un balcone a nord, è troppo… ostile.
– Ostile… hai appena descritto lo stato d’animo di tantissimi genitori: vedono il mondo come un luogo ostile dove chi non nuota bene annega. Proteggono i bambini semplicemente perché hanno paura! Pauradi quel mondo in cui pensano, a torto o a ragione, di vivere, e nel quale lasceranno i loro figli. Li proteggono perché pensano che questo sia il loro bene, come tu hai protetto le tue piante prima del gelo!
– Come sai rigirare le cose, tu! Eh ma dovresti vederli all’opera, sono arroganti e aggressivi, non ci si può parlare…
– È il graffio della gatta che difende i suoi cuccioli. Molti di loro deporrebbero le armi, se fossero messi in condizione di pensare che i loro bambini con te sono al sicuro, che li manterrai leggeri, capaci di galleggiare ridendo, che per loro non sei una minaccia ma una risorsa. Sai, io percepisco tanta ansia nella tua rabbia scatenata contro la loro fragilità, come se anche tu la pensassi come i genitori, sia pur in un ruolo diverso. Se inizi a filtrare la tua ansia, puoi vincere la loro diffidenza; ci vorrà tempo, ma è possibile.
– Questo però non renderà meno fragili i figli…
– Non avverrà subito, ma non sottovalutare il potere dell’azione sul clima di classe: ti posso dare qualche spunto. Comincia col dare tempo: niente minuti, cronometri, scadenze strette. Non fare loro fretta. Limita al minimo i momenti di valutazione e i relativi voti, e usa tantissimo la valutazione formativa: in questo fare e capire insieme si cela un messaggio rassicurante per tutti. E quando sei in classe, resta nel qui e ora: non pensare al futuro o alle colpe dei genitori. Sii presente e attenta. Rassicura i deboli e i lenti, tienili vicino a te. Progressivamente la paura e la fatica degli alunni diminuiranno.
Per saperne di più
- S. Benzoni, Figli fragili, Laterza
- U. Bronfenbrenner, Rendere umani gli esseri umani. Bioecologia dello sviluppo Erickson
- G. Zavalloni, La pedagogia della lumaca, EMI
(La citazione di Riesman proviene da: D. Riesman, La folla solitaria, Il Mulino)
Articolo originariamente pubblicato su La Vita Scolastica 2019-20