Perché il fascismo non è una opinione
Supponiamo che un gruppo di persone stabilisca che tra i principi essenziali del loro gruppo ci sia la libertà di parola e di espressione. Ora non importa se si tratta di un gruppo di amici, di un’associazione, di un gruppo social o di altro, ma prendiamo questo semplice spunto per quello che è.
Immaginiamo adesso che un membro del gruppo prenda la parola per sostenere che la libertà di parola e di espressione è un grosso errore e che dovrebbe essere abolita.
Prima di proseguire la lettura potresti chiederti cosa faresti tu se fossi un membro di quel gruppo di fronte a un’affermazione del genere. Io ipotizzo che potrebbero porsi schematicamente due scenari:
il primo vedrebbe applicata con assoluta coerenza di voltairiana memoria la stessa libertà di parola anche al membro dissidente sul principio stesso della Libertà di parola. Discuterò in seguito le possibili conseguenze di questo primo scenario.
Il secondo scenario vedrebbe invece il gruppo mettere a tacere il membro dissidente. Quest’ultimo protesterebbe per la libertà di espressione a lui negata, e accuserebbe il gruppo di essere in contraddizione con se stesso. Non ha torto, ma non coglie un’altra contraddizione altrettanto stridente, se non di più:
egli stesso si appella a una libertà di espressione che vorrebbe abolita, per poter esprimere l’idea che la libertà di espressione va eliminata!
Quando in un sistema sociale vengono espresse opinioni che non parlano di un argomento qualsiasi ma di tematiche inerenti ai principi funzionali o valoriali della comunità stessa, comunque si agisca si rischiano contraddizioni e talvolta paradossi. In linea di principio è decisamente più logico il primo scenario in cui la libertà di espressione viene garantita a tutti, qualunque genere di opinione esprimano. Fin quando rimaniamo nell’esempio astratto, e fin quando il gruppo di persone ha la obiettiva certezza che nel loro gruppo la libertà di opinione non verrà mai abolita, essi possono tranquillamente lasciare che il membro dissidente si esprima. Naturalmente la cosa non finisce qui, poiché quella opinione può sì essere espressa ma non può diventare oggetto di scelte concrete: in altri termini il membro può esprimere la sua contrarietà alla libertà di parola, ma la sua opinione non verrà considerata mai una opzione praticabile. Dunque, ancorché esprimibile, la sua opinione finirebbe comunque per avere uno statuto speciale, limitato.
Se ci allontaniamo dall’elegante esempio astratto e immaginiamo una condizione un po’ più realistica, dobbiamo ammettere che non possiamo mai essere certi che opinioni pericolosamente eversive dei principi base di una collettività non possano diffondersi e penetrare nel tessuto della collettività stessa.
Diventa allora fondamentale distinguere tra opinioni su argomenti “normali” e opinioni su argomenti “speciali” ovvero opinioni che hanno a che fare con valori e principi fondativi di una collettività. Per le prime la libertà di espressione è o dovrebbe essere garantita senza riserve, per le seconde invece è necessaria una certa vigilanza che non costituirebbe però una deroga al principio della libertà di espressione. Vediamone il perché:
se una collettività umana si è data dei principi che ritiene non negoziabili, essa deve difendersi, con una reazione per così dire immunitaria, dal pericolo che quei principi vengano sovvertiti.
Diventa allora chiaro che ogni discorso che attenga in maniera diretta o indiretta ai principi fondativi di una collettività è un discorso dotato di uno statuto particolare e non può essere derubricato a semplice parere o opinione. Talvolta proprio il tentativo di farlo passare per “opinione” cela un intento manipolatorio: “che fai? Non mi fai parlare? Allora non è vero che sei liberale, in fondo sei come me, mi discrimini, mi metti a tacere!” Manipolazioni del genere portano spesso a confusione in politici improvvisati che, in buona (o in mala-) fede si sentono quasi in colpa e finiscono con lo sdoganare l’espressione di posizioni che sono invece minacciose per i principi fondativi della collettività.
In questo momento difficile per la società italiana si diffondono per molte vie diversi discorsi che in modo diretto o indiretto attentano a principi fondativi (peraltro enunciati in Costituzione) e dunque ritengo necessario essere attenti, e se necessario intransigenti, distinguendo bene i pareri su argomenti standard dalle espressioni che subdolamente veicolano principi xenofobi e/o istigazioni all’odio verso varie categorie di persone, quando non anche espliciti richiami a ideologie ispirate al fascismo e al nazismo storici.