Comunità educante o… franchising dell’istruzione?

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Sono passati ormai due decenni da quando un ministro della Pubblica Istruzione ebbe la sciagurata idea di trasformare la scuola dello Stato, e della Costituzione, in una sorta di franchising dell’Istruzione aperto a tutte le ingerenze possibili. Da allora nessuno può più parlare di scuola privata, è una brutta parola! In questi anni abbiamo imparato che però una scuola privata sì, ma di risorse, esiste, ed è la scuola cosiddetta pubblica.  

Tuttavia molte altre cose sono cambiate: se allora un intellettuale come Pierre Bourdieu doveva cercare a fondo nei documenti le tracce della ingerenza industriale nelle politiche dell’Istruzione, oggi tutto accade alla luce del sole come se fosse del tutto naturale che una fondazione privata di ambito industriale si occupi assieme all’Invalsi di come debba essere l’istruzione nella scuola italiana. 

Certo, rispetto a 20 anni fa gli spin doctor hanno fatto molta strada e ora abbiamo parole meravigliose: comunità educante, scuola che si apre al territorio, inclusione, innovazione… Sono parole ben scelte, che possono piacere a tutti, anche a sinistra! Chi non si sente membro di una comunità? Chi è così cieco da non vedere in una comunità educante tutto ciò che gli sta a cuore? Chiunque, di qualunque credo laico, industriale o pastorale, potrà vedere nella comunità educante la realizzazione dei suoi sogni più intimi. Suvvia lasciati andare, non dire sempre no… Non è forse la comunità educante la più sublime, la più riuscita realizzazione del sogno Costituente? Perché non vuoi vedere con occhi nuovi? Perché non hai il coraggio di cambiare? 

Invece no: dietro queste parole si nasconde l’intento di affossare una volta per tutte la scuola della Costituzione, facendone un franchising per qualunque istanza produca profitto e, perché no, potere. A scuola devono entrare le imprese, gli sponsor, la formazione privata, le associazioni confindustriali… ma intanto i fautori della scuola del merito e dell’azienda gridano come un sol uomo “fuori i genitori dalla scuola!”. Forse giova ricordare che i genitori, nella scuola, ci sono entrati da cittadini grazie ai cosiddetti decreti delegati della scuola emanati nella prima metà degli anni settanta. Un’altra era geologica: lo spirito era nientemeno quello di dare alla scuola i caratteri di una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica (art. 5 L. 477/73) nell’ottica di una effettiva attuazione dei principi della Costituzione della Repubblica Italiana. Ma oggi… oggi è tutto nuovo, bellezza! Aria nuova in cucina.

Sono saltate tutte le mediazioni: economia, industria e multinazionali dettano l’agenda, i programmi, perfino le metodologie da impiegare in classe e forniscono perfino gran parte dei software usati in tutta Italia per fare Scuola digitale! Sembra tutto naturale, perfettamente ovvio, e non lo è. 

Oggi su quella poltrona di ministro non siede un ex comunista pentito ma un economista che di economia industriale si è sempre occupato. Non è nuovo a cariche politiche riguardanti l’istruzione, ma il suo curriculum parla chiaro: non è un esperto di scuola in alcun senso. Per questo guardo con un certo sgomento al maestro Franco Lorenzoni membro assai loquace di un comitato che, a titolo naturalmente, totalmente gratuito, dovrebbe por mano a qualche genere di riforma o innovazione della bollita e frastornata scuola italiana. 

Da un lato è molto chiaro chi sia in campo educativo il padrone del Vapore, dall’altro colpisce che abbia che abbia chiamato un qualificato operaio, capace, intelligente, dotato, ma pur sempre un operaio che non manda gli studenti a memoria come noi le tabelline, ma ha passato molti anni sul campo. L’operaio ne sarà sicuramente lusingato, onorato, stuzzicato in quel po’ di narcisismo da cui nessuno è immune. Ma se non se lo chiede lui, se lo chiedono gli altri operai: quanto è onesta questa proposta? Quanto di sostanziale verrà ascoltato di quel che l’operaio-maestro ha da dire? Quanto invece farà parte della facciata, di una riverniciatura per legittimare un discorso tutto sbilanciato dalla parte dei cosiddetti padroni?