Credo che dall’esperienza della pandemia Covid-19 potremmo tutti trarre moltissimi insegnamenti di cui auspicabilmente l’umanità intera dovrebbe fare tesoro, e in grande umiltà propongo un piccolo elenco di possibili “lezioni”.
La prima lezione è che siamo esseri organici, biologici, e che i nostri corpi hanno funzioni, necessità, ritmi e regole completamente altri rispetto a ciò che il nostro cervello e la nostra intelligenza possono astrattamente concepire. Insomma una lezione che ci insegna qual è l’ordine di priorità tra astratto e concreto.
La seconda lezione discende direttamente dalla prima: le priorità della specie uomo non sono diverse da quelle di tutte le altre. Prima occorre preservare le condizioni di vita dei nostri corpi e dopo, solamente dopo cominciamo a occuparci di altro. È vero che anche la nostra socialità fa parte della nostra organicità biologica, ma dobbiamo essere onesti con noi stessi:
la distanza sociale, affettiva e psicologica tra le persone non si misura a metri. Scusate la crudezza, ma possiamo imparare che ci si può stare sul c***o a 30 cm l’uno dall’altro e sorriderci a un metro e mezzo l’uno dall’altro. Il problema non sono i centimetri. Se quello che vedo nel mio paese corrisponde al vissuto di tanti altri e ho ragioni di crederlo, era già ridotta al lumicino la capacità degli umani di aggregarsi, di solidarizzare e di empatizzare. Con il Covid-19 possiamo solo migliorare, rasserenatevi.
Molti (e molti sono under 30) potranno anche apprendere che il nostro corpo non è un sacco da riempire di alcol, sostanze, cibo-spazzatura e esperienze eccitanti di ogni genere, e nemmeno una macchina da guerra da scatenare in sport compulsivi.
Una ulteriore lezione ci ricorda che per vedere cose nuove servono occhi nuovi, non serve agitarsi in lungo e in largo in aereo per il globo terracqueo, (cit Proust) perché il luogo della felicità non si chiama “altrove” ma “qui-con-te”
Si potrebbe scoprire che è possibile fermarsi a parlare, anche solo in videochiamata, comunicare con gli altri attraverso concetti, pensieri ed emozioni senza assieparsi in un locale a strafarsi di alcolici parlando di niente.
Possiamo accorgerci fin da subito di quanto la nostra normalità sia fragile, e di quanto questa fragilità sia alimentata dalla nostra abituale, spasmodica ricerca del piacere, tutto a spese della predisposizione di risorse e misure per il contenimento del dolore, della morte e della malattia.
Aspetti politico-economici
Da troppo tempo ormai la gran parte delle popolazioni dei paesi industrializzati e anche ormai di quelli in via di sviluppo hanno instaurato con la realtà e l’organicità dell’uomo una relazione di negazione patologica. Non per caso si assiste a una (finora crescente) tendenza a dare molto consenso a leader politici che sono i più accaniti rappresentanti di questa negazione patologica, che essi condiscono con paura per non dire paranoia per tutto ciò che pericoloso in effetti non è (stranieri, poveri, ecc.). Per citare solamente il più grosso parliamo del presidente degli Stati Uniti in persona. Dopo questa pandemia abbiamo l’opportunità di valutare diversamente lo spessore umano intellettuale e morale dei governanti che abbiamo.
Dopo questa esperienza probabilmente la maggior parte dei popoli colpiti si ritroverà più povera di prima. Tuttavia sarà possibile riconoscere dove sta la vera ricchezza, se nei posti letto ospedalieri, nei grattacieli delle multinazionali, o in qualche altro posto.
Potremmo anche fare tesoro di qualcosa che sappiamo da tempo, ovvero che la ricchezza mondiale è distribuita in un modo drammaticamente ineguale e forse il 99% della popolazione del mondo potrebbe cominciare a dare qualche piccola lezione all’1% che detiene metà della ricchezza del globo.