Eredità psicologica e psichiatrica della pandemia

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È ancora molto presto, ma non troppo presto per immaginare un bilancio delle conseguenze psicologiche (e anche psichiatriche) della pandemia. Per quanto gli scenari siano estremamente differenziati e articolati per fasce socio-economico-culturali, ritengo che avremo a che fare con diversi fenomeni che provo a elencare schematicamente.

Tutta la fascia di persone con difficoltà relazionali, ritiro sociale, rinuncia alla vita affettiva, spesso con il correlato della depressione, ragionevolmente rischia rilevanti ricadute e peggioramenti nella propria condizione.

Bambini e adolescenti con pregresse situazioni (conclamate o borderline) di fobia scolare, ritiro sociale, dipendenza da web, social-network e videogame sono destinati a peggiorare, o a permanere in una condizione cronica indeterminata, spesso con perdita di contatto con i clinici di riferimento. Questo porterà in seguito a un difficile lavoro di recupero.

Adolescenti e giovani adulti, perlopiù non legati affettivamente a partner, con disagi più o meno latenti e fino a due mesi fa pseudo-compensati con una intensa vita sociale nella Movida, nell’alcool, in relazioni superficiali ma quantitativamente rilevanti, si sono trovati all’improvviso privati della possibilità di tale compensazione. Non è prevedibile complessivamente quali comportamenti saranno messi in atto da questa fascia di popolazione per tentare un coping con le proprie condizioni psichiche preesistenti al lockdown, ma non è difficile immaginare che le sostanze psicotrope svolgono un ruolo ancora importante, e che possano verificarsi trasgressioni rilevanti (nel segno della negazione) tentando di ripristinare i comportamenti precedenti. (potrebbe essere questa una chiave di lettura degli assembramenti sui Navigli a Milano?)

Nell’ambito delle relazioni di coppia possiamo immaginarci un “effetto terremoto” soprattutto sulle relazioni già in fase di transizione verso la chiusura o verso la costruzione del legame: una serie di scosse che fa cadere gli edifici più instabili ma lascia in piedi altri e rivela anche risorse o falle prima nascoste.

È facile immaginare una vasta area di popolazione interessata direttamente o indirettamente dalle disastrose conseguenze economiche della pandemia. Oltre a tutte le conseguenze pratiche e concrete sulla vita di queste persone, dobbiamo mettere in conto un incremento rilevante di disagi psichici lievi, moderati o gravi, con effetti moltiplicati a causa della impossibilità di accedere a quello che è pressoché l’unico canale di cura psichica ovvero il privato a pagamento.

In linea generale tutti coloro che sperimenteranno un disagio psichico e non solo psichico a causa della pandemia saranno da considerarsi a rischio di deformazioni cognitive e emotive di varia natura: dall’incremento di fobie di contaminazione fino a comportamenti di negazione più o meno infarcita di spunti paranoidi e complottisti

La patologia del senso del futuro che già invadeva generosamente un po’ tutti i paesi industrializzati non potrà che accrescersi almeno sul piano dei grandi numeri per l’enorme aumento di incertezze economiche esistenziali e relazionali che stiamo tutti vivendo. Questo è naturalmente un ottimo bacino di incubazione per tutti i disagi della sfera depressiva e ansiosa.

Non vorrei apparire troppo pessimista, ma mi sento di affermare che così come molte patologie non-Covid hanno avuto un esito spesso letale per la rinuncia o l’impossibilità a ricorrere alle cure sanitarie, allo stesso modo corriamo il rischio che molte patologie (franche o solo potenziali) dell’area psichica rimangano nascoste tra i muri delle case divenute prigioni con una serie di correlati negativi quali disperazione, litigi, abuso di sostanze, violenza domestica.

Il quadro fa rabbrividire ma è importante tenere conto anche di alcuni fattori potenzialmente protettivi: credo si sia consolidato in fasce considerevoli di popolazione un sentimento di appartenenza e di “essere sulla stessa barca” che produce comportamenti adeguati, solidali e costruttivi. Per quanto ancora in modi del tutto insufficienti comincia a farsi un po’ di spazio nel mondo politico la consapevolezza che, se è vero che la pandemia non è una guerra, i provvedimenti economici e le scelte industriali hanno molti punti di contatto con l’economia bellica: riconversione industriale, spesa pubblica, infrastrutture e sostegno alle fasce deboli. Se queste timide aperture diverranno meglio proporzionate al bisogno e si metterà in atto concretamente una riflessione sui disastri prodotti dal nostro modello di sviluppo, forse abbiamo qualche timida speranza.

Come psicologo mi sono chiesto cosa era possibile fare in questa fase, e per quanto sia consapevole che ogni singolo tentativo è una goccia nel mare, ho pensato di iniziare con un tutorial per quelle persone che con proprie risorse possono evitare un esacerbarsi delle loro condizioni, se orientate e ben consigliate. È poco, pochissimo, quasi nulla, ma se altri colleghi si uniranno in un comune sforzo di fare un lavoro di prevenzione allargato, capillare e mirato alle diverse forme di disagio, forse otterremo almeno un contenimento delle conseguenze della pandemia sul benessere psichico e la salute mentale.

Il mio piccolo contributo lo trovate qui