Due recentissime immagini mi hanno colpito poiché sembrano aprire una nuova era: lo strappo del discorso di Trump da parte di Nancy Pelosi e, in Germania, il mazzo di fiori gettato sui piedi di un leader che ha accettato i voti di un partito neonazista. Per buona parte del secondo dopoguerra in politica abbiamo assistito al prevalere del doppiopetto, della cravatta, dei riti grigi e paludati del rispetto formale di tutti verso tutti. Poi, gradualmente, sul finire del millennio, l’incedere progressivo e sempre più numeroso di leader sopra le righe, populisti, dallo stile gridato fuori protocollo, che hanno sdoganato l’odio e il disprezzo. Per rilievo mondiale il principale rappresentante di quest’ultima categoria è ovviamente Donald Trump.
Le forze politiche propense all’odio e che inneggiano a regimi lontani ma micidiali sono rimaste per decenni incistate nelle cellule della società come il virus dell’herpes in un corpo sostanzialmente sano. Poi il corpo (sociale) va sotto stress, si indebolisce, e il virus emerge sulle labbra, o sulle piazze, grazie ai successi elettorali di questa variante antropologica non nuova in sé, ma (relativamente) nuova a posizioni di alto potere.
Non è a rigore una mutazione antropologica (che in alcuni esemplari fa pensare a un OGM con cellule suine), poiché la mutazione riguarda solo le posizioni di potere a cui ora hanno accesso individui che negli anni Settanta del secolo scorso avrebbero predominato al massimo in un fumoso bar di periferia.
I gesti di spregio in risposta a leader che dello sfregio hanno fatto un vessillo sembrano aprire, assieme al movimento delle sardine in Italia, quella che potremmo definire una fase della risposta immunitaria. Tardiva, a tratti discutibile, costretta a sostenere forze politiche non xenofobe ma che portano enormi responsabilità per lo stress del corpo sociale che a sua volta ha fatto da terreno di coltura al Virus dell’odio e del neofascismo.
Tuttavia ben venga la reazione immunitaria: dice che il corpo può ancora reagire, può ancora tentare di ricacciare il virus nella nicchia innocua dalla quale è partito per invadere il mondo. Il pericolo però è quello di lacerazioni sociali ai limiti della guerra civile. L’aggressività, l’odio, la prevaricazione e la xenofobia sono indubbiamente parte del repertorio comportamentale della psiche umana tuttavia moltissimi secoli di storia dovrebbero almeno averci insegnato a maneggiarle con cura. Invece no. Non è un momento facile per una specie, l’uomo, già con un piede nella fossa.