Apprendiamo dai giornali che un istituto di ricerca israeliano annuncia il vaccino per il coronavirus in tre settimane, suscitando un certo stupore per la rapidità. Alcuni sui social avanzano un’ipotesi: se lo produrranno così in fretta vuol dire che ci stavano lavorando da tempo, e costoro vengono insultati, vilipesi e fatti oggetto di velati auguri del tipo “devi morire”.
Curiosamente, la notizia viene poi smentita (leggi qui) e il mitico vaccino per il Covid-19 si rivelerebbe un equivoco: stavano parlando di un vaccino contro il virus della bronchite infettiva, un ceppo di coronavirus che colpisce il pollame. Viene da farsi domande sulla serietà dei giornalisti (Jerusalem Post) e del ministro israeliano Ofir Akunis… Ma adesso, comunque, facciamo un passo indietro.
Cos’è una teoria del complotto?
Io la vedo così: di fronte a un evento catastrofico qualcuno, seguendo la logica del cui prodest? (a chi giova?) applica una sorta di logica regressiva e individua in un qualche occulto e malvagio potere il responsabile di un evento che la teoria mainstream attribuirebbe al caso o ad altri. C’è poi tutto un correlato delle teorie del complotto che implica una sfiducia aprioristica nei mezzi di comunicazione mainstream e/o ufficiali. Sostenere che la diffusione del coronavirus è opera degli Stati Uniti per deprimere le economie di tutti gli altri Paesi e in particolare della Cina è una tipica teoria del complotto, una delle tante e nemmeno la più bislacca.
Gli anti-complottisti finiscono però col sostenere una sorta di meta-teoria del complotto che non si presenta come tale ma come paladina della Verità: essa sostiene che tutte, indistintamente tutte, le teorie del complotto sono a priori false e prive di fondamento. Qui il correlato è ribaltato, ancorché implicito: la versione ufficiale mainstream è a priori l’unica possibile e l’unica vera.
Personalmente seguo una logica semplicemente popperiana: una teoria del complotto non è né vera né falsa a priori ma deve essere formulata in modo da essere falsificabile attraverso dati concreti e evidenze, e fino ad allora il giudizio rimane sospeso. Ci sono teorie, come quella delle scie chimiche, la cui fantasiosità induce immediata diffidenza, ma possono esserci anche ipotesi interpretative che meritano una sana, saggia e assoluta sospensione del giudizio.
Nel caso in oggetto siamo di fronte a una ipotesi ben diversa dalle scie chimiche: tutti i ricercatori sanno che la messa a punto di un vaccino ha tempi tecnici doverosi e ineludibili solo fino a un certo punto abbreviabili. Noi ora non abbiamo alcuna certezza che in tre settimane sarà pronto un vaccino somministrabile, dunque non si può dire nulla in un senso o nell’altro; tuttavia, popperianamente, si potrebbe ipotizzare che, se fra tre settimane si potrà davvero mettere in produzione mondiale un vaccino contro il Covid-19, qualcuno possedeva già in precedenza dati certi sul virus e i suoi antigeni? Credo che non sia irragionevole (e tantomeno imbecille) pensarlo, anche se naturalmente occorrono evidenze, se e come arriveranno, in un senso o nell’altro.
Teorie ansiolitiche?
Voglio però adesso porre una domanda che va oltre la questione specifica: quali sono gli elementi che favoriscono una relativa diffusione delle teorie del complotto, e quali sono al contrario gli aspetti che inducono tanti a insultare in modo davvero raccapricciante chiunque avanzi qualsivoglia teoria del complotto anche ragionevole e perfino argomentata?
Credo che il punto di forza delle teorie del complotto “di base” sia essenzialmente un tentativo di controllo ex post delle sciagure che possono capitarci: di fronte alla loro insensata e a volte lacerante casualità può avere un effetto ansiolitico secondario inscriverle tutte in un disegno dagli aspetti vagamente paranoici.
Tali teorie, pur mettendoci in una condizione di sudditanza e di inferiorità, ci proteggono dall’ansia dell’irrazionale tramite la paranoia di un nemico ben configurato. Si potrebbe dire che una teoria del complotto di base, allo stato puro, è fondamentalmente una difesa paranoica di natura sostanzialmente patologica.
Parliamo ora della ferocia con la quale alcune tipologie di commentatori sui social attaccano chiunque avanzi qualsiasi tesi che possa in qualche modo apparire una teoria del complotto. Queste persone, anziché restare indifferenti in placida attesa di dati, vengono colpite a loro volta da una condizione di ansia intollerabile che combattono attaccandone la presunta causa, cioè un qualsivoglia sospetto che non stiamo vivendo nel migliore dei mondi possibili e che non siamo costantemente immersi nella verità, nel bene e nella bellezza. Sembra che a sua volta questo tipo di ansia, derivante da una dissonanza cognitiva, finisca col produrre quella che ho definito la meta-teoria del complotto: essa finisce col sostenere che i complotti non esistono tranne, paradossalmente, uno solo, il complotto dei complottisti che con le loro teorie bislacche rovinano il mondo e vanno quindi schiacciati senza pietà come uno scarafaggio sotto la suola.
Messa su questo piano la meta-teoria del complotto finisce con l’essere nulla di più delle normali teoria del complotto: se queste ultime sostengono che il mondo sarebbe migliore se non ci fossero, a seconda dei casi, i vari poteri occulti che tramano contro di noi, la meta-teoria del complotto sostiene che il mondo sarebbe migliore se non ci fossero… i complottisti.
Mi piacerebbe riaffermare che il mondo è un poco più complesso di una diatriba tra complottisti e meta-complottisti, che vanno cercate le evidenze così come le crepe e le fallacie di presunte evidenze, e che dovremmo aspirare ad essere cercatori di verità piuttosto che di colpevoli.