Come prendono forma l’identità di genere e l’orientamento sessuale di una persona? Vengono dal corpo, dal sistema nervoso e dagli ormoni, oppure da una libera scelta consapevole come iscriversi a Medicina o a Giurisprudenza? In questo dibattito a tratti surreale sembra spesso dimenticata la ricerca della risposta a questa domanda, eppure senza di essa diviene difficile argomentare in qualsiasi direzione senza che ci si fraintenda.
Nel mio lavoro ho incontrato molte persone con identità e orientamenti “non standard” e mi sento di affermare che rientrino tutte nell’area della prima risposta: scoprirsi omosessuali o di un genere diverso dalla forma esteriore del proprio corpo è un processo, una presa d’atto di fatti complessi che hanno la loro sede nei visceri, nelle emozioni e nelle pulsioni. Non una scelta dello spirito ma un dato di fatto della carne. A volte piega nella gioia, altre nel dolore. Credo che questo sia un motivo serio per considerare un abominio ogni forma di omofobia o gender-fobia, nonché le cosiddette terapie riparative per “curare” l’omosessualità.
Non tutti la pensano così, però. Ci sono correnti di pensiero che vedono questi processi come una sorta di libera scelta compiuta nelle stanze linde e ordinate dello Spirito, dell’identità, delle affinità elettive, al riparo dalle venefiche secrezioni del corpo vile. Non dico che ciò sia impossibile, ma, se accade, accade soltanto quando il corpo tace, asessuato in ogni sua dimensione: allora si può scegliere la propria collocazione come si sceglie un luogo di vacanza o gli studi accademici, senza travaglio né dolore. Ma se si entra nella sfera sessuata, sia essa banalmente binaria o lgbtq++++…, allora tutte le passioni entrano prepotentemente in gioco e se ne portano addosso i segni e le cicatrici. Sesso e passione creano differenza, sempre, e solo l’indifferenza è asessuata.