Le testimonianze che mi giungono da studenti delle medie e delle superiori sono sempre più allarmanti. Tutti sembrano considerare normale che la mole di contenuti da studiare e memorizzare, unita alla quantità di esercizi e compiti, sia al limite e spesso oltrepassi la soglia della fattibilità. Basta un piccolo impegno imprevisto, una visita medica, magari una festa, ed ecco che diventa impossibile finire il lavoro scolastico, salvo tirar tardi o svegliarsi all’alba rinunciando a una o più ore di sonno.
È diventato normale, in una settimana di scuola, sostenere fino a sei, sette verifiche scritte e anche interrogazioni orali, alcune delle quali vertono su molte decine di pagine fitte di contenuti e nozioni.
Chi pratica sport lo fa quasi sempre in società fortemente appiattite sulla dimensione agonistica, con l’inevitabile conflitto strisciante tra tempo di allenamento e tempo di studio, e tutto a scapito del tempo di vita e di socialità. Dopo l’ingresso alle superiori molti scelgono di rinunciare allo sport e altri allo studio di uno strumento musicale: c’è troppo da studiare per la scuola, dicono. Anche le uscite con gli amici finiscono con l’essere molto limitate, confinate quasi sempre al sabato sera e non proprio ogni settimana.
Talvolta qualcuno osa timidamente lamentarsi, ma l’ideologia del merito e del dare-il-massimo è penetrata talmente in profondità nelle fibre nervose della società che ogni discorso che miri ad abbassare le richieste performative è automaticamente derubricato come pigrizia e delegittimato in partenza.
L’adolescenza è diventata, per i più, la stagione degli impegni “da buio a buio”, in attesa di diventare adulti e… avere ancora più responsabilità. “Come ti immagini nel futuro?” “Sepolto di impegni senza fine”.
In questa eterna quaresima non dovrebbe stupire che il divano, lo smartphone e le serie TV siano così attraenti. Non dovrebbe stupire nemmeno che tanti giovani siano depressi, rinunciatari e senza autostima; trovo semmai sorprendente che tanti stringano i denti e vadano avanti. Fin quando ce la fanno.