Non c’è “un” adolescente ma tanti. Ciascuno cerca di entrare nel mondo col proprio vissuto, e talvolta questo diventa un “non entrarci”.
Molti non sopportano il dolore psichico, non sopportano il proprio corpo, il proprio bisogno di amore… in una parola non sopportano niente. Di solito, a questo punto, anche la scuola diventa un problema e si smette di studiare.
Dei miei incontri con adolescenti credo di poter sintetizzare i contenuti del disagio stesso in alcune frasi-tipo:
- Gli altri non mi amano quanto io amo loro. Io non sono importante per loro quanto loro lo sono per me. Io non valgo niente non sono niente non servo a niente.
- L’unica persona degna di esistere è una persona bella, in forma, intelligente, brillante, simpatica, amata da tutti, mai triste, sempre sorridente. Ma soprattutto: non sono io.
Non mi piace niente di me. Il mio corpo è brutto. Pieno di difetti. - Mi amerai lo stesso quando vedrai come sono davvero? Come potrai amare tutte le cose brutte e difettose che ci sono in me? Chi mai potrebbe farlo? Nessuno, ho paura, nessuno.
- Come si fa a sopportare le cose che finiscono, le persone che si perdono, i cari che vanno via per sempre, come si fa a sopportare che i legami non siano per sempre? Come si fa a vivere in questo modo?
La reazione più diffusa a questi vissuti è la chiusura in sé, il pianto, la distrazione perseguita con Smartphone e altri vari mezzi telematici ed elettronici; diffusa la pratica di farsi piccoli tagli sulla pelle delle braccia. Il dolore fisico che ne deriva assume un duplice significato:
- Lenisce (un poco) il dolore mentale spostandolo su uno stimolo fisico più forte.
- Sembra marcare, quasi punire la persona come “sbagliata” e “colpevole” del suo dolore.
Le figure genitoriali sono viste alternativamente come ombre lontane, indifferenti, che non provano interesse per le figlie, o come giudici arrabbiati, ostili e talvolta fisicamente punitivi, e pressoché mai come una risorsa positiva.
Il tema profondo, il nucleo comune che sembra stare alla base di tutto è il bisogno di essere amati, la paura di non esserlo, la difficoltà di creare dei legami e di accettarne la finitezza.
Altri sembrano al contrario sopportare la vita, ma presentano sintomi veri e propri: ansia, panico, insonnia, disturbi alimentari, depressione.
Alcuni sono in cerca di un significato della vita, altri credono di averlo trovato, e credono sia assolutamente negativo.
Quando incontro un adolescente lo faccio prima di tutto come adulto e come essere umano, non come tecnico. I ragazzi sono per lo più alla ricerca di una via percorribile per diventare grandi.